mercoledì 2 aprile 2014

CONVEGNO: ALBINISMO – UNA DIVERSITA’ CHE SI RACCONTA

Caltanisetta, 26 aprile 2013


Pensando ai nostri alunni speciali....

Questi bambini nascono due volte.

Devono imparare in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile.
La seconda dipende da noi, da quello che sapremo dare.
Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato.
Ma alla fine anche per noi sarà una rinascita”
(G. Pontiggia, “Nati due volte”)



I Il PUNTO DI VISTA DI UNA INSEGNANTE DI SOSTEGNO IN RELAZIONE ALL’INSERIMENTO SCOLASTICO

Provengo da una pluriennale esperienza nel privato sociale dove continuo ad operare come Presidente di una Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dalla Regione Sardegna. Ho vissuto una breve esperienza di amministratore locale con deleghe nelle politiche sociali, scolastiche e culturali. Sono da t anni vicina all’Unione Italiana Ciechi.

Insegno in un Istituto superiore della Provincia di Cagliari. Un polo professionale che rappresenta una realtà scolastica in continua crescita (unica in Sardegna) con oltre cinquecento iscritti e diversi indirizzi di studio (agricoltura, turismo, enogastronomia, industria e artigianato). Una scuola che accoglie ragazzi di un territorio con un basso livello di sviluppo socio-economico, provenienti da fasce sociali deboli e da diverse etnie e soprattutto, come vuole la tradizione degli Istituti Professionali, molti ragazzi diversamente abili. Venti alunni certificati con diagnosi specifica; due presentano patologie gravi con rapporto di sostegno 1:1 (Ritardo mentale di grado medio/grave e Autismo); quattordici ragazzi sono affetti da disturbi specifici dell’apprendimento. Non abbiamo studenti affetti da disabilità sensoriali (ciechi, ipovedenti, sordi) che prediligono di norma altri indirizzi di studio (Licei e Istituti Tecnici).
La mia scuola è, come tutte le scuole pubbliche d’Italia, una scuola in grande sofferenza a causa di irragionevoli scelte politiche di vari governi, che deliberatamente non hanno voluto investire nel delicato settore dell’istruzione. Settore con il quale si misura il grado di civiltà di un Paese. Luogo di sapere, di democrazia, di libertà, di uguaglianza, dal quale dipende il futuro e la crescita complessiva della società.
Nel mio Istituto, come negli altri, si registra una cronica carenza di personale, mancanza di attrezzature e sussidi, soprattutto per l’integrazione, ecc. Le cahier de doleance è lungo, ma non ritengo questa la sede nella quale produrre un elenco di lamentazioni.
Vi ho fatto cenno solo per sottolineare che è questo il contesto nel quale si svolge l’impegno quotidano di tanti insegnanti per diffondere conoscenza, far emergere potenzialità, trasmettere valori, per garantire una scuola per tutti e soprattutto per i più deboli, così come vuole la nostra Carta costituzionale.
L’impegno di noi insegnanti è quello di realizzare una scuola dell’ “inclusione”, vale a dire una scuola che attiva un processo attraverso il quale i suoi protagonisti (organizzazione scolastica, studenti, insegnanti, famiglia, territorio) generano un contesto, un ambiente che risponde ai bisogni di tutti gli alunni, in particolare degli alunni con bisogni educativi speciali (così come è specificato dall’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento delle disabilità) proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel duemila.
In trentanni di integrazione scolastica (tanti ne sono trascorsi dall’emanazione della Legge 104/92) molte sono state le esperienze e le buone prassi realizzate nella scuola italiana. Chi vive la scuola da tempo può testimoniare (sicuramente più autorevolmente di me) i grandi passaggi che nel corso del tempo sono stati fatti.
Tuttavia sono consapevole che oggi, manchi ancora qualcosa per garantire il pieno raggiungimento di un processo di inclusione di qualità.
Cosa resta da affinare? Un pensiero più costruttivo e condiviso tra i diversi attori del contesto scolastico ed extrascolastico, capace di creare ambienti accoglienti e facilitanti le diversità, tali da contribuire allo sviluppo e alla crescita cognitiva dei ragazzi con bisogni educativi speciali.
L’insegnante per il sostegno è chiamato a svolgere un ruolo chiave all’interno di un sistema scuola che vuole veramente integrare. Perchè lo richiede la normativa (Legge 104/92 art. 13 comma 3, comma 6) ma soprattutto perchè, come già accennato, lo richiedono i molteplici e nuovi bisogni educativi. Il docente di sostegno non è il custode unico del ragazzo in difficoltà come, ancora oggi, erroneamente viene identificato e conseguentemente svalutato.
Anche io ho dovuto fare i conti con una realtà che vuole e chiede, in maniera più o meno esplicita, al docente per il sostegno di limitarsi a mantenere tranquillo l’alunno o l’alunna così da permettere un lavoro sereno ai docenti delle singole discipline. Questo atteggiamento, se condiviso, condannerebbe paradossalmente l’insegnante per il sostegno a diventare lo strumento principe di isolamento dell’alunno in difficoltà dalle normali attività scolastiche. Per questo è da respingere fermamente qualsiasi delega al solo docente per il sostegno.
D’altronde se “l’integrazione e’ quel livello di socializzazione che si costruisce attraverso l’apprendimento”, condizione per procedere verso di essa e’ “che tutti operino in modo sinergico...... e che tutti crescano come competenza relazionale e comunicativa, cioè come apprendimento “ (Cottoni, 1994).
Per favorire l’integrazione è necessario, soprattutto in questo peculiare momento storico, che la scuola produca un profondo cambiamento culturale partendo dalle risorse umane presenti al suo interno, attivando forme di collaborazione verso obiettivi condivisi, tesi al conseguimento del massimo benessere di tutti. L’integrazione è infatti la grande sfida che coinvolge innanzitutto le persone e i ruoli presenti all’interno della scuola (studenti, famiglie, dirigenti, insegnanti ecc.),
Con questa affermazione non si vuole ovviamente negare l’importanza delle risorse materiali. Ma in epoca di crisi si può dirigere l’attenzione verso la costruzione in classe di sussidi semplici – testi con lettere ingrandite, sfondi neri e scritte bianche nel caso di lieve deficit visivo – potenziare la lettura espressiva e l’ascolto ecc.. Si può porre particolare cura nella disposizione dei banchi, nella creazione di un ambiente gradevole, con luci e colori adeguati e cosi via...).
Restano comunque le risorse umane i veri attori del cambiamento. In sintesi:
  • lo stesso alunno disabile che va considerato la prima risorsa per la sua integrazione
  • i suoi compagni di classe e di scuola con i quali impostare una didattica basata sulla cooperazione, sulla solidarietà reciproca e vicinanza
  • i genitori, perchè conoscono meglio di chiunque il ragazzo e portano il contributo “più esperto” nella predisposizione del piano educativo del proprio figlio (se adeguati ovviamente), possono coadiuvare l’insegnante in programmi ricreativi, partecipare agli organi collegiali, esercitare una pressione per ottenere maggiori risorse per l’integrazione ecc..
  • i collaboratori scolastici e altri operatori del sociale e della sanità, la cui osservazione può rilevarsi preziosa per indiviudare una potenzialità...
  • i docenti chiamati a individuare soluzioni originali, a sperimentare pratiche didattiche adatte ai singoli e al contesto (cooperative learning, tutoring, team teaching), a costruire insieme gli obiettivi della programmazione di classe e insieme del ragazzo in difficoltà
  • i dirigenti che devono garantire l’organizzazione efficace ed efficiente delle risorse umane e materiali
  • la comunità scolastica e il territorio per identificare le risorse e tutti gli elementi utili a costruire una rete di interventi coordinati
In conclusione, il processo di inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali è fondato sulla costruzione di un percorso com-partecitato di tutte le queste realtà teso a rendere significativa la presenza dell’alunno in difficoltà con i suoi compagni.

La prospettiva è quella quindi di passare da una forma di sostegno (che considera il solo monte ore del docente) ai sostegni, come sostiene da tempo Marisa Pavone, vale a dire all’identificazione e all’attivazione di tutte le risorse umane e materiali disponibili nella scuola e nel territorio.

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